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Proponiamo soltanto psicoterapie scientificamente provate, raccomandate dalle linee guida internazionali, selezionando psicoterapeuti e psichiatri altamente formati.
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Il disturbo oppositivo provocatorio rientra nella categoria dei Disturbi da Comportamento Dirompente, del Controllo degli Impulsi e della Condotta, caratterizzati da condizioni che implicano problemi di autocontrollo delle proprie emozioni e dei comportamenti. In tali disturbi i problemi descritti si esprimono attraverso comportamenti che violano i diritti altrui, come nel caso di aggressioni, distruzione della proprietà, o che pongono la persona in netto contrasto con le norme sociali o con figure che rappresentano l’autorità.
Nel disturbo oppositivo provocatorio prevalgono emozioni quali la rabbia e l’irritazione, unitamente a comportamenti di polemica e sfida.
La prevalenza del disturbo varia tra l’1 e l’11%, con una stima media del 3,3% circa. L’incidenza può subire variazioni a seconda dell’età e del genere del bambino. Nelle fasce di età precedenti all’adolescenza, il disturbo sembra presentarsi con più frequenza nei maschi, piuttosto che nelle femmine (1,4:1), tale predominanza maschile non è, tuttavia, sempre riscontrata nella fascia adolescente e adulta.
La frequenza del disturbo oppositivo provocatorio risulta maggiore nelle famiglie in cui un genitore presenta un disturbo antisociale ed è più comune nei figli di genitori biologici con dipendenze da alcool, disturbi dell’umore, schizofrenia, o di genitori con una storia di disturbo da deficit di attenzione e iperattività o di disturbo della condotta.
Il disturbo oppositivo provocatorio si caratterizza per la presenza frequente e persistente di umore collerico/irritabile (va spesso in collera, è spesso permaloso o contrariato, è spesso adirato e risentito), comportamento polemico/provocatorio (litiga spesso con persone che rappresentano l’autorità, sfida spesso apertamente o rifiuta di rispettare le regole, irrita deliberatamente gli altri, accusa gli altri per i propri errori), vendicatività. Tali sintomi devono presentarsi nell’interagire con almeno una persona diversa da un fratello e sono, spesso, parte di modalità di interazione problematiche con gli altri.
La comparsa dei primi sintomi si verifica prevalentemente in età prescolare e raramente oltre la prima adolescenza; un esordio dopo i sedici anni è molto raro in entrambi i sessi (Kazdin, 1997). Spesso il disturbo precede lo sviluppo di un Disturbo della Condotta; si associa, inoltre, al disturbo oppositivo provocatorio il rischio di sviluppare disturbi d’ansia, disturbo depressivo, pur in assenza di un disturbo della condotta.
È improbabile che i bambini che non hanno mostrato comportamenti aggressivi nella prima infanzia sviluppino livelli elevati di aggressività nelle età successive (Shaw, Gilliom & Giovannelli, 2000).
Alla base del disturbo oppositivo provocatorio può esserci un’interazione tra diversi fattori:
Temperamentali: può verificarsi un’inadeguata interazione tra il temperamento del bambino e il temperamento del genitore. Spesso modalità educative caratterizzate da eccessiva rigidità entrano in contrasto con la spinta a esplorare del bambino.
Biologici: in bambini con disturbo oppositivo provocatorio risulterebbero compromessi sia il sistema di inibizione del comportamento (che impedisce l’azione quando si intuisce che essa potrebbe condurre a esperienze spiacevoli) sia il sistema di attivazione del comportamento (che inizia un’azione quando se ne presenta l’opportunità). Inoltre, si riscontrano alterazioni nelle funzioni esecutive, cioè nei processi cognitivi coinvolti nel mantenimento di attenzione e impegno, nell’inibizione di risposte inappropriate e nella regolazione di risposte emotive e comportamentali (Giancola et al., 1996). Si registra, inoltre, una scarsa attivazione fisiologica che si esprime con livelli più bassi di sensibilità al pericolo (Giancola, 2000).
Nei bambini con disturbo oppositivo provocatorio ci sono evidenze rispetto alla presenza di livelli più bassi di cortisolo (McBurnett et al., 2000) definito come l’ormone dello stress, che può far ipotizzare una ipoattività del sistema nervoso centrale nell’area del controllo degli impulsi e nella previsione delle conseguenze negative dell’azione.
Lo stile educativo dei genitori alterna eccessiva rigidità e coercizione (Patterson et al., 1998) a incoerenza e negligenza. I comportamenti problematici del bambino divengono oggetto costante di attenzioni, mentre quelli positivi risultano trascurati, conducendo a un circolo vizioso che rimanda al bambino un’immagine negativa di sé che rafforza e mantiene i comportamenti oppositivi.
È inoltre molto frequente riscontrare alti livelli di depressione nelle madri di bambini con disturbo oppositivo provocatorio, molto superiori a quelli nella popolazione generale (Nigg e Hinsaw, 1998). Tale osservazione si correla all’evidenza delle difficoltà di accudimento e a interazioni problematiche di madri depresse con i propri figli (Harnish, Dodge, Valente, 1995).
Incidono, inoltre, fattori quali lo svantaggio socio-economico, l’esposizione a modelli aggressivi adulti, alcuni eventi stressanti che possono colpire la famiglia, la mancanza di stimoli cognitivi, il desiderio di voler raggiungere lo status sociale desiderato (Harnish, Dodge, & Valente, 1995).
Nel modello cognitivo-comportamentale della rabbia e dei comportamenti aggressivi in età evolutiva le emozioni e i comportamenti aggressivi del bambino sono regolati dal modo in cui il bambino percepisce, elabora e media gli eventi ambientali, piuttosto che dagli eventi in sé (Nelson & Finch, 2000). La rabbia si pone, dunque, come reazione soggettiva ai problemi e agli eventi frustranti quotidiani.
In questi bambini, infatti, si manifestano ipocontrollo, scarsa riflessività, difficoltà ad assumere una prospettiva diversa dalla propria, assenza di problem solving e quindi, un deficit cognitivo che impedisce di attivare processi di pensiero che guidino in modo funzionale il comportamento (Kendall, 2000).
In particolare, nei bambini con disturbo oppositivo provocatorio è presente la tendenza ad attribuire i propri comportamenti problematici a cause esterne e non dipendenti da se stessi; ciò incide ulteriormente sulle difficoltà nel valutare in modo funzionale situazioni ed eventi e a selezionare strategie adeguate per la risoluzione dei conflitti.
Diversi possono essere gli elementi predittivi per lo sviluppo del disturbo:
In letteratura è stato dimostrato come interventi sistematici e multimodali abbiano maggiore efficacia nel trattamento dei comportamenti aggressivi (Southam-Gerow & Kendall, 1997) cercando di intervenire su più fronti e prevedendo interventi individuali, familiari ed extra-familiari, ed eventualmente anche psicofarmacologici.
La Terapia Cognitivo-Comportamentale si centra sulle percezioni e i pensieri del bambino con disturbo oppositivo provocatorio nel fronteggiare situazioni da lui percepite come frustranti o provocatorie. Obiettivi cardine che guidano il processo terapeutico sono l’intervento sulle distorsioni nella rappresentazione cognitiva di ciò che accade e la regolazione emotiva, in particolare della rabbia. L’intervento prevede, sullo specifico aspetto di gestione della rabbia, l’insegnamento di strategie di autocontrollo, che aiutino il bambino ad utilizzare i processi cognitivi per modificare i comportamenti disfunzionali e sviluppare strategie alternative per fronteggiare le situazioni.
L’approccio cognitivo-comportamentale è costituito da componenti multiple e integrate:
Nel disturbo oppositivo provocatorio è importante includere nell’intervento i genitori, prevedendo anche con loro una fase psicoeducativa attraverso cui fornire gli elementi per comprendere pienamente il disturbo e i fattori che ne favoriscono il mantenimento. Obiettivi dell’intervento con i genitori sono:
Il Gruppo Studi Cognitivi è leader in Italia nel campo della psicoterapia. Il gruppo è specializzato primariamente nell’alta formazione, nella ricerca, nella divulgazione scientifica e nell’erogazione di servizi clinici nel campo della salute mentale.