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Proponiamo soltanto psicoterapie scientificamente provate, raccomandate dalle linee guida internazionali, selezionando psicoterapeuti e psichiatri altamente formati.
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Quando si parla di disturbi del sonno si fa riferimento a un gruppo di disturbi che possono incidere non solo sulla quantità di tempo che riusciamo a dedicare al sonno, ma anche sulla qualità di quest’ultimo, tenendo in considerazione anche la compromissione delle attività diurne conseguente a un alterato e non soddisfacente ritmo sonno-veglia. Come riporta il più recente manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5, 2014) i disturbi del sonno si dividono in diversi disturbi, tra cui possiamo annoverare il disturbo da insonnia, il disturbo da ipersonnolenza, la narcolessia, i disturbi del sonno correlati alla respirazione, i disturbi dell’arousal del sonno REM, la sindrome da gambe senza riposo e il disturbo del sonno indotto da sostanze/farmaci.
Il disturbo del sonno più diffuso è il disturbo da insonnia. I sintomi dell’insonnia sono:
L’alterazione del sonno è fonte di disagio significativo tanto da compromettere le normali abitudini di vita e si verifica almeno tre volte a settimana per un periodo di almeno tre mesi e non è attribuibile agli effetti di una sostanza.
Oltre ai sintomi dell’insonnia ascrivibili principalmente alle ore notturne, non vanno dimenticati i disagi che si possono provare durante il giorno tra cui:
Il disturbo da insonnia può verificarsi in ogni momento della vita, anche se solitamente il primo episodio si verifica più comunemente tra i giovani adulti. Può iniziare talvolta nell’infanzia e nella prima adolescenza, ma accade assai più raramente ed è per lo più legata a fattori di condizionamento per i bambini (es: mancanza di orari costanti, oppure se il bambino non ha mai imparato ad addormentarsi/riaddormentarsi in assenza di un genitore) e a orari irregolari del sonno negli adolescenti. Per quanto riguarda il sesso femminile talvolta l’insorgenza dell’insonnia può coincidere con il periodo della menopausa. Per ultimo, relativamente all’insorgenza del disturbo da insonnia in tarda età questo spesso è associato ad altre condizioni mediche e di salute per lo più legate ai normali cambiamenti correlati all’età.
L’insonnia può essere situazionale, persistente o ricorrente. L’insonnia situazionale dura da pochi giorni a poche settimane ed è per lo più legata a eventi di vita stressanti, ma anche a cambiamenti repentini delle abitudini e/o dell’ambiente. Solitamente in questi casi una volta scomparso o risoltosi il fattore precipitante, anche l’insonnia svanisce. Tuttavia può capitare che, nonostante non vi siano più le condizioni precipitanti iniziali, il disturbo persista; in molti di questi casi la tipologia del sonno può variare da notte a notte passando da molte notti in cui la qualità del sonno e la quantità di ore dormite sono scarse, a una o due notti di sonno riposante. Resta comunque il fatto che la percezione soggettiva sia spesso quella di un riposo non soddisfacente, cui spesso si associano credenze disfunzionali relative al sonno che facilitano il reiterarsi del disturbo. Tali preoccupazioni, se persistenti, possono trasformarsi in rimuginio e si cercano perciò delle soluzioni fai date a questo problema che però nella maggior parte dei casi non sono d’aiuto. Oltre alle preoccupazioni relative alla propria insonnia che attivano e alimentano l’ansia facilitando la creazione di un circolo vizioso che altro non fa che continuare ad alimentare il disturbo, ci sono anche dei comportamenti ascrivibili a un quadro di scarsa igiene del sonno e che incidono sulla qualità del riposo (es. sonnellini nel tardo pomeriggio e subito dopo cena, lavorare subito prima di coricarsi, frequenti e ripetuti cambi di luogo e di orari etc).
I fattori specifici che contribuiscono a mantenere l’insonnia sono molteplici e spesso interagenti tra loro: meccanismi cognitivi, affettivi e comportamentali (e.g., Morin & Espie, 2004). Si crea una sorta di circolo vizioso: le preoccupazioni e ruminazioni legate al non riuscire a dormire e agli effetti di una notte insonne sulle attività del giorno dopo provocano un’attivazione del sistema nervoso che rende a sua volta difficile il sonno. Anche le credenze irrealistiche sul sonno e sul bisogno di sonno, che tendono ad aumentare le preoccupazioni sull’insonnia e ad alimentare l’attivazione e l’ansia, producono poi un circolo vizioso che mantiene il disturbo del sonno.
In particolare, secondo il modello cognitivo dell’insonnia proposto da Harvey (Harvey, 2002; 2005; Espie et al. 2006), l’insonnia sarebbe sostenuta da una “cascata” di processi cognitivi presenti sia di notte sia di giorno:
L’automaticità del ciclo sonno-veglia può inoltre essere inibita da tre fattori cognitivi:
Inoltre, spesso i tentativi di soluzione e i rimedi per l’insonnia che le persone insonni mettono spontaneamente in atto per contrastare il disturbo sono controproducenti, alimentando l’insonnia: i sonnellini pomeridiani o l’anticipare l’ora di addormentamento sono tentativi di soluzione che però non fanno altro che peggiorare il problema. Infine, anche le abitudini di vita come l’orario in cui ci si mette a letto, il consumo di alcolici, caffeina, l’alimentazione e l’attività fisica possono alterare il sonno provocando insonnia.
Negli ultimi anni diversi studi hanno mostrato come in alcuni casi sia difficile diagnosticare se l’insonnia sia un disturbo primario o conseguente a un altro disturbo, soprattutto nei casi di disturbi d’ansia e dell’umore (es. depressione). In entrambi i casi il suo trattamento ha effetti benefici sia sul sonno che sulla patologia copresente.
La cura dell’insonnia oggi prevede sia l’uso di farmaci (Ipnoinducenti, generalmente benzodiazepine) sia trattamenti non-farmacologici. Mentre i farmaci per l’insonnia possono essere più indicati per la cura dell’insonnia occasionale o situazionale, i trattamenti non-farmacologici sono la terapia di scelta per l’insonnia cronica.
La terapia maggiormente accreditata è il Trattamento Cognitivo-Comportamentale dell’insonnia (CBTi – Cognitive-Behaviour Therapy for insomnia): un intervento psicologico, individuale o di gruppo, basato su tecniche che hanno mostrato una significativa efficacia per la cura dell’insonnia. Negli ultimi anni diverse ricerche hanno dimostrato che anche la Mindfulness, in particolare il programma Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR), può essere efficace nel trattamento dell’insonnia se integrata alla CBTi. La CBT per l’insonnia è un intervento basato sia sui modelli psicofisiologici di regolazione del sonno sia sui modelli eziologici dell’insonnia e agisce sui fattori (comportamentali, fisiologici e cognitivi) di mantenimento del disturbo.
La CBT-i prevede le seguenti tipologie di interventi:
a) Comportamentali
In base ai principi dell’apprendimento associativo, gli stimoli ambientali, temporali e mentali relativi all’addormentamento sono “segnali” non di sonno, ma di veglia. La strategia terapeutica consiste nell’estinguere le associazioni disfunzionali e nell’instaurare associazioni che favoriscano il sonno. Al fine di riassociare il letto al dormire, vengono introdotte alcune regole come: andare a dormire solo quando si ha sonno, alzarsi quando si è insonni (get-out of bed), sviluppare rituali pre-letto da associare al sonno.
Si basa su una rilevazione del tempo di sonno prolungata per almeno una settimana (mediante diari del sonno) e su una successiva riduzione del tempo trascorso a letto (TIB) alla quantità solitamente dormita ininterrottamente (ma non meno di 4 ore). Successivamente il TIB viene aumentato fino a ottimizzare il rapporto fra TIB e tempo di sonno. L’obiettivo della tecnica è quello di incrementare la spinta omeostatica al sonno riducendo le ore da trascorrere a letto e quindi l’accumulo di sonno. La restrizione di sonno agisce migliorando la qualità e la continuità del sonno, riducendo il sonno superficiale e il tempo di addormentamento.
b) Cognitivi
L’obiettivo della Terapia Cognitiva è quello di modificare le convinzioni e le aspettative sul sonno che alimentano il disturbo da insonnia (ristrutturazione cognitiva). In particolare, alcune valutazioni spesso catastrofiche che le persone insonni fanno di una determinata situazione producono risposte emotive negative (come ansia, tristezza, rabbia) che a loro volta impediscono il sonno e creano un circolo vizioso che mantiene e alimenta l’insonnia.
Il razionale di questa tecnica è lo stesso di quella del Controllo degli Stimoli, ma riguarda i pensieri e le preoccupazioni: si cerca di rompere l’associazione tra la camera da letto/il sonno e i pensieri caratterizzati da preoccupazioni o rimuginii, cercando di associare lo spazio e il tempo dedicati al sonno a pensieri rilassanti e piacevoli che favoriscono l’addormentamento.
Il sonno è un processo automatico e involontario quindi nel momento in cui si cerca di porre un controllo su di esso, viene automaticamente inibito. Gli insonni fanno infatti molti sforzi nel tentativo di dormire e pertanto inibiscono il sonno. La tecnica si propone, in modo paradossale appunto, di promuovere obiettivi legati alla veglia e non al sonno.
c) Psicoeducazione al sonno e all’insonnia
La durata del sonno può variare da persona a persona. Ricerche sperimentali indicano che l’essere umano necessita mediamente di 6 ore di sonno. Il bisogno di sonno varia inoltre con l’età, tendendo a diminuire. Considerato che le preoccupazioni derivanti dalle credenze sulle conseguenze di una notte insonne possono peggiorare il disturbo del sonno, è utile sapere che le ricerche finora condotte non hanno riscontrato evidenti cali prestazionali cognitivi (attenzione e memoria) in seguito anche a sole 3/4 ore di sonno. Molte persone che soffrono di insonnia ritengono che dovrebbero addormentarsi subito e non svegliarsi mai durante la notte e sono in ansia se questo non accade. In realtà, chi dorme bene generalmente impiega circa mezzora per prendere sonno, svegliandosi più volte durante la notte. Inoltre è stato osservato in diverse ricerche che le persone con disturbo del sonno tendono a sottostimare il loro sonno e a sovrastimare il tempo di addormentamento e i risvegli notturni. Da queste credenze errate spesso deriva una valutazione del proprio sonno più grave di quella che è in realtà, facendo aumentare le preoccupazioni della persona insonne.
In generale, dormire di meno non è problematico di per sé, e non ci sono prove di conseguenze negative in seguito a un ridotto numero di ore di sonno. Ma se si dorme per diverso tempo un numero di ore minore a quello di cui si sente la necessità, il debito di sonno aumenta e ci si sente stanchi, poco pronti a reagire e affaticati, più irritabili, ansiosi, con difficoltà di concentrazione e di memoria: ne risentono così l’umore, le attività quotidiane, le relazioni e, in generale, il benessere psico-fisico. Pertanto, l’insonnia è un disturbo che non va assolutamente sottovalutato sia perché un diminuito apporto di sonno per periodi prolungati della vita può favorire la comparsa di diverse patologie, anche gravi, come malattie cardiovascolari, dismetaboliche (diabete e/o obesità) e patologie psichiatriche (depressione ed ansia) sia perché a volte l’insonnia o lo scarso bisogno di dormire sono indice di patologie mediche o di patologie psichiatriche anche severe.
d) Igiene del sonno (e.g. Hauri, 1991)
Consiste nella modificazione di abitudini e di comportamenti in base a principi e regole razionali rispetto alla fisiologia del ciclo sonno veglia:
Le tecniche descritte vengono integrate per:
Il Gruppo Studi Cognitivi è leader in Italia nel campo della psicoterapia. Il gruppo è specializzato primariamente nell’alta formazione, nella ricerca, nella divulgazione scientifica e nell’erogazione di servizi clinici nel campo della salute mentale.